Nessuno, oggi, ti fa mancare un audit. Tutti fanno gli audit, per qualsiasi motivo e in qualsiasi situazione, per la centralina elettronica dell’auto o per i business multi-miliardari e tutto quanto ci sta nel mezzo.
Alla fine, l’audit è un controllo, una verifica. Mi dà l’idea di qualcosa di interessante ma statico. Se lo riportiamo al nostro ambito di discussione (le aziende e le organizzazioni), ha un valore relativo, è nella parte sinistra, quella iniziale di un qualsiasi schema di data science. Per spostarsi verso il futuro – però – è proprio necessario sapere che cosa si sposta, cosa si muove o deve muoversi, e qui si trova il valore dell’audit: "so perfettamente che cosa e come sono" – sempre come azienda o organizzazione - "e cosa posso portare con me verso il futuro".
Scendiamo sul pragmatico adesso.
Per un’organizzazione o uno studio di professionisti che deve creare business non ieri ma per domani, un audit (incluso un ‘audit digitale’, la fotografia dello stato di digitalizzazione aziendale) serve a ben poco se non è il momento iniziale di un processo indirizzato non al solo "conoscere" ma all’azione, al creare, attivare, guidare e misurare il cambiamento necessario per essere efficiente ed efficace guardando avanti, a breve, medio e magari lungo termine.
Quindi, il valore dell’audit è tale quanto la sua possibilità di evidenziare, di sottolineare esigenze ed aree di intervento in funzione di un progetto o un obiettivo precisi: audit sì, ma per far cosa?
E qui siamo in una "fase due" - dall’immagine statica alla ricerca ed individuazione di esigenze - di un progetto lanciato da un semplice audit che, se pensiamo in digitale, deve fornire il ‘la’ ad una fase tre. L’audit analizza, evidenzia in funzione di una domanda precisa e qualcuno verifica la fattibilità delle azioni necessarie per le aree di intervento e pianifica la soluzione. Fase tre.
Siamo già arrivati a decidere il futuro e a pianificare come arrivarci, e con quali risorse.
Il valore quindi di un audit fatto bene è questo ed oltre, perché in una quarta fase realizzo il piano, i piccoli o grandi cambiamenti, soddisfo le esigenze di trasformazione dell’azienda secondo le aree di intervento evidenziate e seguendo la fattibilità delle azioni. È una fase estremamente collaborativa, di grande comunicazione tra le parti, per far sì che – ancora – niente sia statico. Per permettere all’azienda di abituarsi al nuovo – grande o piccolo che sia – che si sta preparando.
Un audit inserito in un processo così non è certo statico, perché è il momento inziale di un processo, è un creatore di valore. Che si consolida nell’ultima parte del processo, in cui si tirano le somme, si racconta la trasformazione, il "quanto fatto" e se ne misura l’efficacia, sia in termini operativi che finanziari.
Cinque fasi, concatenate, che crescono in valore mano a mano che si svolgono e che, tutte, sono legate indissolubilmente alla prima – l’audit – per disegnare, valutare, pianificare e realizzare solo il cambiamento necessario, dove necessario, con la velocità e profondità necessaria, secondo quanto sostenibile dall’azienda o dallo studio professionale.
Così, pensiamo noi, in Smartprovider, ci si muove bene verso il futuro, così lavoriamo, perché ce lo avete detto voi, con un audit fatto bene.
Pensa al valore dell’audit!